Shecession, un nuovo termine coniato ad hoc, per indicare la recessione che colpisce le donne sotto diversi punti di vista; poca rappresentanza sui posti di lavoro, divario salariale e welfare pressoché assente. Con la pandemia, il quadro già preoccupante sempre essere peggiorato, anche se è ancora presto per valutare tutti gli effetti della crisi da Covid-19.
Qualche indicazione, però, c’è già; lo scorso febbraio su 101 mila nuovi disoccupati, 99 mila erano donne e già nel 2019, secondo i dati dell’Ispettorato del lavoro, più di 37 mila donne neo-genitrici si sono dimesse dal loro posto di lavoro. A questo si aggiunge che solo il 20% delle richieste di part-time, presentate da lavoratori con figli piccoli, è stata accolta.
La pandemia, in altre parole, non ha fatto che accentuare un trend già definito: un’indagine di WeWorld risalente alla fine del primo lockdown segnalava che una donna su due aveva rinunciato ad almeno un progetto lavorativo a causa del Covid e il 31% annullava o posticipava la ricerca di lavoro.
Il divario tra le donne e gli uomini occupati, però, è qualcosa che va oltre la pandemia e a oggi è una condizione legata soprattutto alla genitorialità: le donne con un’occupazione con figli che vivono in coppia sono solo il 53,5%, contro l’83,5% degli uomini di pari condizione.
Ed è sempre WeWorld che conferma che per le donne italiane la maternità è un punto cruciale. I dati dimostrano come quelle maggiormente colpite dalla pandemia siano le donne, soprattutto se con figli e senza lavoro, che si sono trovate a far fronte a un enorme carico economico e psicologico. I dati raccontano anche di 1 donna su 2 che ha visto peggiorare la propria situazione economica. La percentuale sale al 63% tra le 25-34enni e al 60% tra le 45-54enni. Ma non solo. Una donna su 2 si dice più fragile dal punto di vista economico e teme di perdere il lavoro.
E il problema non è solo dell’Italia: l’Eige ha pubblicato i numeri dell’impatto Covid sulla parità di genere in tutti i paesi europei; l’occupazione delle donne si è ridotta di 2,2 milioni in tutta Europa e le donne che lavorano in settori come la vendita al dettaglio, l’assistenza residenziale, il lavoro domestico o la produzione di abbigliamento sono quelle che hanno subito le perdite più ingenti di posti di lavoro.
L’aumento dell’occupazione durante l’estate purtroppo non ha invertito il trend: le donne hanno ottenuto la metà dei posti di lavoro occupati dagli uomini. E questo dimostra che l’impatto della pandemia sta avendo effetti più evidenti per le donne soprattutto dal punto di vista economico.
Il ruolo delle aziende
Risulta chiaro che nel contesto dell’occupazione femminile occorre farsi carico in modo strategico e trasversale di soluzioni concrete, lavorando su più fattori atti a innescare il cambiamento. E non solo a livello politico. È importante istituire tavoli di lavoro per identificare le sfide, condividere le lezioni imparate e mettere a fuoco le buone pratiche a supporto dell’avanzamento della leadership femminile.
La più grande sfida di oggi è quella di abbattere tutte quelle barriere strutturali del sistema-Paese riconducibili alle decisioni politiche, alla mancanza di infrastrutture e all’implementazione del welfare. Ci sono poi le barriere culturali e di matrice patriarcale, che impediscono di vedere il lavoro come egualmente importante per l’uomo e per la donna, con la conseguenza che il carico di cura all’interno della società e della famiglia resti sulle spalle delle donne. Insomma, c’è molto da fare e non c’è più tempo da perdere.
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